Tassi in calo, rischio recessione e ritorno della Cina: tutti i dubbi che lascia settembre

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    A cura di Alessandro Bergonzi, Financial Markets Content specialist di Investing.com

     

    Da una parte l’euforia, alimentata dall’allentamento della stretta monetaria e dal bazooka cinese, dall’altra i timori di recessione, con la crisi senza fine della manifattura europea e il raffreddamento del mercato del lavoro americano. L’economia mondiale ha vissuto un settembre sull’altalena, lasciando molti dubbi per il futuro.

    La Fed taglia netto, ma non sarà troppo tardi?

    Il maxi-taglio da 50 punti base della Fed ha inaugurato un nuovo ciclo economico. Inizialmente i mercati hanno brindato a questa svolta, immaginando che l’abbassamento del costo del denaro possa liberare più risorse per le aziende, favorendo gli investimenti e la crescita. Questo è sicuramente vero in uno scenario di soft landing, che tutt’ora rimane il più probabile secondo gli investitori. Tuttavia, gli ultimi dati provenienti dal mercato del lavoro, mostrano un quadro in indebolimento.

    Anche il tasso di disoccupazione, seppur sia lievemente calato al 4,1% a settembre dal 4,2% di agosto, si mantiene ai massimi dal 2021. Lo stesso presidente della Fed, Jerome Powell, durante il simposio dei banchieri a Jackson Hole ha sottolineato come i rischi al ribasso per il mercato del lavoro siano in aumento, mentre lo spazio di manovra della Banca centrale stia diminuendo, motivo per cui a settembre è stato necessario tagliare i tassi d’interesse dello 0,5%.

    Fonte: Investing.com – Dati U.S. Bureau of Labor Statistics

     

    Il pessimismo degli americani, occhio alle elezioni

    Inoltre, se la forza dell’economia Usa fa propendere per un atterraggio morbido, c’è un altro elemento capace di rimescolare le carte in gioco, ovvero il sentimento dei consumatori e delle imprese. Nonostante uno dei migliori tassi di crescita tra i Paesi sviluppati, il paradosso americano è che l’ottimismo della popolazione è ai livelli minimi degli ultimi 2 anni. L’avvicinarsi delle elezioni potrebbe far diminuire ulteriormente la fiducia di una parte dei consumatori, causando una contrazione della spesa e quindi dell’economia.

    L’Europa in contrazione

    Ben più preoccupante è la situazione europea. In generale, a fine terzo trimestre, l’economia del Vecchio Continente ha sofferto una nuova battuta d’arresto, con l’attività economica totale in contrazione per la prima volta da febbraio. A segnalarlo è l’indice Pmi composito dei Paesi con la moneta unica che a settembre ha registrato il valore minimo in 7 mesi, in calo a 49.6 dai 51 di agosto.

    Inoltre, è la prima volta da dicembre 2023 che le tre maggiori economie dell’Eurozona, Germania, Francia e Italia, hanno tutte registrato contemporaneamente una contrazione su base mensile dell’attività.

    Settore automobilistico in panne

    In un contesto di debolezza generale, caratterizzato dal calo delle esportazioni e dall’aumento delle tensioni internazionali, è l’industria manifatturiera a destare particolare preoccupazione.
    Il mese scorso il settore automobilistico ha mostrato tutte le sue crepe. Dopo i profit warning lanciati dai colossi tedeschi Bmw, Mercedes e Volkswagen anche Stellantis ha tagliato le stime sulle entrate attese per il 2024. Ora il gruppo guidato dal ceo Carlos Tavares si aspetta un flusso di cassa industriale negativo fra 5 e 10 miliardi rispetto al precedente “Positive”.

    Una retromarcia preoccupante, causata dalle difficoltà nella svolta elettrica e dall’avanzata della concorrenza cinese. Stessi problemi delle sorelle tedesche, con l’intero settore dell’auto che rischia di restare in panne, bloccando l’attività economica europea.
    Intanto, la crisi di Stellantis è già un dato di fatto in Borsa dove le azioni del produttore franco-italiano hanno perso oltre il 55% del loro valore dai picchi di marzo.

    Andamento azioni Stellantis nel 2024. Fonte Investing.com –Dati alla chiusura dei mercati il 4 ottobre

     

    Verso un altro taglio dei tassi Bce

    Tutti questi campanelli d’allarme hanno spostato l’attenzione della Bce dalla lotta all’inflazione ai timori per la debolezza economica.
    Nell’ultimo bollettino l’Eurotower ha abbassato le prospettive di crescita per i prossimi anni e la presidente, Christine Lagarde, ha parlato per la prima volta di economia stagnante, aprendo a un altro taglio ai tassi d’interesse nella riunione di ottobre.

    La Cina sfodera il bazooka

    Dall’altra parte del mondo, dopo anni di crescita anemica, la Cina è passata all’artiglieria pesante e lo scorso 23 settembre ha sfoderato il Bazooka, sparando liquidità sull’economia e innescando il rally dei mercati.

    Il risultato è che il sentimento sul colosso asiatico ha compiuto un’inversione a U. I grandi broker sono passati dal considerare il mercato cinese “uninvestible”, ovvero totalmente imprevedibile e probabilmente dannoso, a definirlo “tradable”, negoziabile.
    Nel giro di una settimana l’Hang Seng di Hong Kong è balzato del 22,4%, mentre il Shanghai Shenzhen CSI 300 ha fatto ancora meglio, mettendo a segno la miglior settimana dal 2008 con un maestoso +25%.

     Il rally del CSI 300 di Shangai tra il 23 e il 27 settembre – Fonte: Investing.com

    Basteranno gli stimoli a risollevare l’economia cinese?

    Le domande principali che i mercati finanziari si pongono adesso sono due: le misure basteranno a risollevare l’economia cinese? E quanto a lungo potrà durare il rally delle azioni?

    Per quanto riguarda l’economia reale, l’intervento di Pechino suona come il “Whatever it takes” della Repubblica popolare.
    La tempistica è stata perfetta, con gli stimoli della Pboc arrivati subito dopo il primo taglio dei tassi Usa deciso dalla Fed, in modo da difendere lo Yuan. L’azione economica è mirata a liberare le mani alle banche, risollevare il mercato immobiliare dalla crisi e inondare il Paese con nuova spesa pubblica.

    Il messaggio è chiaro: faremo tutto ciò che serve per far volare il Dragone.

    Del resto, sembrava che i mercati non aspettassero altro. Le incertezze internazionali e i timori di una recessione in Occidente hanno spinto diversi investitori a vendere azioni a inizio agosto, mettendo da parte liquidità in vista momenti migliori. Il mantra degli analisti era quello di aspettare almeno fino alle elezioni Usa di novembre. Ma quale occasione migliore se non l’inversione di rotta della Cina?

    È così che i capitali si sono riversati sulle Borse di Shangai e Hong Kong, gonfiando le valutazioni delle aziende cinesi, per la gioia di Xi Jinping che ha subito potuto vedere i primi effetti della manovra economica espansiva.

    Il destino della Cina si decide anche il prossimo 5 novembre

    Ma il cielo è troppo piccolo per due dominatori e mentre il Dragone vuole spiccare il volo, c’è un’Aquila disposta a tutto per mantenere il controllo.

    Buona parte del futuro di Pechino, infatti, si gioca il 5 novembre negli Stati Uniti. In ogni caso, il prossimo inquilino della Casa Bianca è avvisato: la Cina non è più disposta a passare per il gigante dai piedi d’argilla e fa sul serio. Il concetto, però, è già ben chiaro dalle parti di Washington, visto che forse l’unico punto su cui Kamala Harris e Donald Trump sono d’accordo è proprio la volontà di tarpare le ali alla Repubblica Popolare.

    Contenuto in collaborazione con Investing.com. Per ulteriori approfondimenti, visita Investing.com

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